Cantine Crocco: il canto dei Calanchi
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Su di un piccolo colle a 292 m s.l.m. sorge Montalbano Jonico che, cinto a est dal Cavone e a ovest dall’Agri, volge le spalle all’Appennino e lo sguardo al mare, mentre, in cerca di un equilibrio costantemente precario, affonda le radici nell’argilla, la quale conserva nella propria apparente staticità un tumulto di perenne evoluzione. Un territorio in cui l’ortografia dei luoghi è stata disegnata, al tempo, dalle frane.
Siamo nel cuore della Riserva dei Calanchi, un importante patrimonio naturalistico formatosi nell’arco di oltre un milione di anni. I giganti d’argilla sono i primi veri abitanti delle terre lucane, figli dell’erosione del terreno, operata, nello stratificarsi dei secoli, dalle acque e dai vari elementi atmosferici sulle rocce argillose. Il risultato è il disegno di un paesaggio mozzafiato: il profilo di un vero e proprio museo a cielo aperto, che ospita fossili databili al Pleistocene. Un’area unica al mondo per i suoi aspetti geologici e paleontologici, dove il particolare ambiente ha selezionano una vegetazione tipica comprendente autentiche rarità botaniche, tutelate dall’Unione europea.
«Ci riteniamo fortunati ad essere nati qui – spiega Angelo Crocco – siamo circondati dalla natura incontaminata, ed è proprio dalla qualità di questa nostra bellissima terra che deriva la qualità dei nostri prodotti». L’azienda sorge sulla terza collina di Montalbano Jonico, sessanta ettari in tutto, tra drupacee, oliveti e vigneti.
Ma, quando si dice Crocco, si dice vino. «Ci sono volute quattro generazioni per creare la nostra azienda. Mio nonno Angelo vinificava per uso proprio. Mio padre Maurizio si appassionò fin da piccolo alla vita in campagna e ogni anno la vendemmia era uno dei momenti più belli e ricchi di ricordi. La passione fu così tanta che divenne un vero e proprio lavoro. È così che, da oltre vent’anni anni, le nostre bottiglie sono arrivate sulle tavole dei lucani, e non solo».
Centoventimila bottiglie l’anno. Tra queste, vini di vitigni autoctoni, come il Primitivo e l’Aglianico, vincitori di importanti premi nazionali; e vitigni internazionali, Cabernet Souvugon, Merlot, Chardonnay e Souvignon Blanc. Uve che danno vita a prodotti IGT di nicchia, per i quali non si sono fatti attendere vari e prestigiosi riconoscimenti, come la medaglia d’oro, nell’ambito dell’associazione nazionale Città del Vino, al Matinone Basilicata IGT del 2015, ottenuto da uve di Primitivo allevate a controspalliera.
«La natura argillosa della terra, insieme ad altri fattori naturali, conferiscono qualità uniche ai nostri vini che risultano ricchi, intensi, strutturati e con ottima longevità – spiega Angelo Crocco – i vitigni sono stati impiantati a favore del ciclo solare per avere una corretta ed equilibrata illuminazione, il vento predominante è la Tramontana, un vento fresco di montagna che tiene a bada l’umidità e quindi l’attacco di alcuni patogeni. A fare la differenza, si aggiunge, la dedizione e l’amore per questo lavoro».
Uve dalle qualità organolettiche superiori a cui si coniuga la forte e consolidata tradizione storica e culturale della famiglia, assoluto sigillo di garanzia per prodotti ormai considerati come il fiore all’occhiello del settore enologico lucano.
Dalla raccolta, effettuata manualmente, alla vinificazione: la diraspatura, la fermentazione dai sette ai dieci giorni a temperatura controllata intorno ai 28°C, passaggio quest’ultimo omesso per la produzione dei bianchi, per i quali si passa direttamente alla pressatura nel torchio, la vinificazione a una temperatura più bassa e la fermentazione in barrique. Affinamento in barrique, per i rossi, preceduto da un anno di riposo nei serbatoi d’acciaio. Il risultato è un vino di altissima qualità che riscuote successo non solo in Italia, ma che ha saputo tracciare la propria strada anche verso l’estero, dalla Francia alla Germania.
«Data la bontà dei prodotti, la richiesta è sempre in aumento – spiega orgogliosamente Angelo Crocco – motivo per cui continuiamo ad impiantare, ogni due anni, nuovi vigneti, raccogliendo la sfida di liberare, vendemmia dopo vendemmia, attraverso il nostro lavoro, tutte le note e i sentori che la nostra amata terra ci regala».