Soukaliku, insieme rifiorire
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Soukaliku in lingua wolof vuol dire rinascere, rifiorire. Questo il nome e il senso del progetto nato nell’ambito del programma PLASEPRI/PASPED, realizzato dall’AICS di Dakar in collaborazione con la cassa depositi e prestiti italiana ed il ministero delle finanze senegalese e dedicato allo sviluppo del settore privato in Senegal. Sviluppo da realizzarsi attraverso una fitta catena di valore che parte dalla diaspora senegalese in Europa e in Italia per contribuire alla crescita del tessuto socio economico della popolazione originaria. In sintesi: creazione di impiego in Senegal offrendo assistenza tecnica e finanziaria ai residenti senegalesi in Italia, interessati a investire nel proprio paese.
Il resto della storia, quello che vi stiamo per raccontare, parte dalle domande di Ndemba Dieng, classe ’84, studente di ingegneria informatica all’Università Federico II di Napoli, membro fondatore di Ubuntu, associazione che difende i diritti dei migranti, e attivista della comunità senegalese in Campania, in Italia dal 2009. «Sono partito per trovare soluzione a quei quesiti che non avrei risolto rimanendo in Senegal, certo che apportare un cambiamento sia possibile».
Soukaliku è, per questo stesso motivo, il tempo delle risposte per Ndemba che, il Senegal non l’ha mai veramente lasciato. Un progetto elaborato in collaborazione con ADEMPE, agenzia pubblica senegalese per lo sviluppo delle PMI, e supportato dall’organizzazione di volontariato NutriAfrica. Un approccio decentrato che mira alla risoluzione delle problematiche alimentari nel continente africano.
Il punto di partenza è il villaggio di Yaridakhar, in cui Ndemba è nato e cresciuto. Quattrocento persone circa, nel comune di Sakal. «L’obbiettivo è quello di avviare un allevamento ovino assieme alla costruzione di una stalla moderna di cinquecento metri quadri, nel cuore della zona agro-silvopastorale, dove si pratica ancora la pastorizia e la transumanza, modalità che non produce però sufficiente carne da destinare alla vendita». Il budget complessivo del progetto è pari a 24.500 euro, capitale già in parte finanziato da ADEMPE. Per coprire la quota restante, seimila euro, Ndemba ha avviato un crowfounding su https://koparexpress.com/apps/collectes/da5e0q3v
Valorizzare l’imprenditoria locale e quella di “ritorno”, promuovendo al contempo le risorse locali. Soukaliku non è il primo progetto che si muove in tal senso. «Nel 2018 è nata Usine del femmes – la fabbrica delle donne, racconta con orgoglio Ndemba – un’impresa che permette la trasformazione dei cereali locali, dal miglio al cous cous, ad esempio, e la successiva commercializzazione. Sono circa settanta le donne che, in maniera alternata, ci lavorano. Questo ha cambiato il villaggio».
Incrementare e diversificare le attività generatrici di reddito. Questa la formula di progetti ampi e ambiziosi. «Il Comune di Sakal ha messo a nostra disposizione oltre tremila metri quadri di terreno che abbiamo intenzione di sfruttare, oltre che per l’allevamento, ai fini della realizzazione di un orto, ma affinché ciò sia possibile risulta indispensabile recintare l’intera area e costruire dei pozzi da cui attingere l’acqua». È qui che entra in gioco la condotta pisticcese Slow Food Magna Grecia Metapontum, che in sintonia allo spirito collaborativo e costruttivo da cui è sempre stata animata, si è resa disponibile a finanziare l’idea. Una serie di percorsi condivisi con Slow Food Campania e la recente nascita di Slow Food AficaNa, hanno rappresentato il terreno fertile sulla base del quale è stato possibile dare avvio a tale iniziativa.
Passo successivo, la formazione, come unico binario da percorrere attraverso un processo d’inclusione che abbia al proprio centro l’agricoltura sociale. «Agricoltura locale e immediata – spiega Ndemba, sviluppando quelle che sono le tipicità nostrane – basta fare riferimento al ceebu jen, piatto principe della cultura senegalese, riconosciuto dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità, a base di riso, pesce e verdure; quelle verdure che vogliamo coltivare in questo grande orto». Emancipazione sociale ed economica, promozione delle cultura del valore agricolo. Prossimità.
«Fino a quando vivremo in una situazione di squilibrio, fino a quando il continente africano non andrà a pari passo con il resto del Mondo, la pace non potrà mai essere assicurata. Ma io credo nei popoli, più che nei governi, alla forza delle persone nel muoversi da sole».
«Tornerai?» gli chiedo. «Quando avrò le spalle abbastanza forti, tornerò per restare».